Uno dei problemi nella nostra comprensione delle eruzioni solari, ossia nella loro origine ed evoluzione nello spazio interplanetario, è la scarsità di informazioni a disposizione sui campi magnetici che contengono e trasportano al loro interno. La misura dei campi magnetici è possibile in modo locale solo quando l’eruzione attraversa una sonda spaziale (come stanno  facendo le più recenti missioni Parker Solar Probe e Solar Orbiter), ma l’informazione è limitata alla frazione molto piccola di eruzione che la sonda stessa attraversa.
Le misure da remoto (immagini acquisite con telescopi) forniscono invece informazioni molto più globali sulle eruzioni, ma le strutture di campo magnetico all’interno delle eruzioni possono essere studiate solo qualitativamente assumendo che siano tracciate dal plasma che osserviamo, senza però poter misurare modulo e direzione dei campi magnetici. In particolare, il campo magnetico non è mai stato misurato da remoto all’interno delle protuberanze eruttive, anche se sappiamo che è la Forza di Lorentz ad accelerare l’eruzione.

Misure quantitative dei campi magnetici da remoto possono venire però dall’analisi della componente polarizzata della radiazione, e di come questa polarizzazione viene modificata dalla presenza dei campi magnetici in alcune righe spettrali particolari. Una di queste è in particolare la riga di emissione D3 dell’elio a 587.7 nm che è sensibile al campo magnetico, la cui presenza provoca una parziale de-polarizzazione (ossia riduzione della polarizzazione) ed una rotazione del vettore di polarizzazione che possono essere misurati, un fenomeno noto col nome di “effetto Hanle“. Questo tipo di misure sono già state effettuate con telescopi da Terra per le protuberanze quiescenti, ma non sono mai state effettuate nelle protuberanze eruttive che non possono essere seguite da Terra.

Questo lavoro parte dalla constatazione che la riga He D3 cade proprio all’interno della banda passante del canale in luce visibile del coronografo Metis tra 580 e 640 nm, il coronografo a bordo della missione ESA Solar Orbiter, canale che per l’appunto misura proprio la quantità di emissione polarizzata.
Questo in linea di principio rende possibile la misura dei campi magnetici nelle protuberanze tramite l’analisi dell’emissione polarizzata osservata durante un’eruzione. La misura però è complessa, perché la luce visibile ha una sua “polarizzazione naturale” di background che non dipende dal campo magnetico ma dalle proprietà dello scattering Thomson che la produce. Questa emissione polarizzata deve quindi essere sottratta all’emissione polarizzata della riga D3 dell’elio in banda.
Le simulazioni effettuate in questo lavoro mostrano in particolare che per temperature e campi magnetici tipici di una protuberanza eruttiva ci si aspetta di osservare una de-polarizzazione legata al campo magnetico dell’ordine del 10% nel segnale che quindi dovrebbe essere ben misurabile da Metis.
Questo permetterà in futuro di utilizzare il coronografo Metis non solo per misurare densità e velocità del plasma, ma anche per quantificare per la prima volta i campi magnetici e la loro evoluzione nelle protuberanze eruttive che saranno osservate, fornendo quindi un ingrediente fondamentale per la nostra comprensione di questi fenomeni.

Per maggiori dettagli potete leggere l’articolo guidato da P. Heinzl con A. Bemporad, S. Fineschi e R. Susino.

Rappresentazione artistica del Solar Orbiter

Rappresentazione artistica del Solar Orbiter sovrapposta a un’osservazione reale del Sole.
[Sonda: ESA/ATG medialab; Sole: NASA/SDO/ P. Testa (CfA)]