Astrocoffee
Dr. Luca Zangrilli
L’importanza di avere le piume, ovvero indagine sull’origine del vento solare
Abstract
La corona solare, come ad esempio ci appare nel corso di un’eclissi di Sole, è caratterizzata da molteplici strutture, tra le quali le piume. Esse hanno
origine nei cosiddetti buchi coronali, e si pensa abbiano un ruolo nella formazione del vento solare. Verranno discusse le potenzialità delle
osservazioni, oramai storiche, compiute dalla sonda SoHO, e in particolare dello spettrometro-coronografo per l’ultravioletto UVCS, in una sorta di
rivalutazione del patrimonio scientifico di un osservatorio messo in orbita più di vent’anni fa.
Dr. Alberto Cora
Come in cielo, così “per terra”: il sito di RocceRè
Abstract
Cacciatore, raccoglitore, agricoltore e astronomo, potrebbe essere una nuovo archetipo per i nostri antenati in grado di scolpire nella roccia le stelle della volta celeste. La rappresentazione di costellazioni da parte dell’uomo del paleolitico è già stata proposta negli studi sulle pitture rupestri ritrovate nella grotta di Lascaux. Capacità tramandata alle generazioni successive come sembrerebbero dimostrare le incisioni fatte dagli abitanti delle alture del Roccerè (1.800 metri di quota), nella bassa valle Maira. Applicheremo un’indagine di tipo statistico per esaminare la frequenza che le coppelle, scolpite a migliaia nel sito archeologico, possano rappresentare porzioni di volta celeste.
Dr. Gloria Guilluy
Studio dell’atmosfera dell’esopianeta gigante caldo HD102195b ad alta risoluzione spettrale
Abstract
Dalla prima scoperta di un esopianeta nel 1995 agli oltre 3600 attualmente confermati, questo ramo dell’astrofisica ha ottenuto enormi progressi. Tra gli esopianeti è stata trovata una grande diversità in masse, raggi, parametri orbitali e proprietà delle stelle ospitanti. Siamo ancora lontani da una comprensione globale di queste diversità, ma un numero crescente di pianeti con atmosfere ben caratterizzate permetterà di fare ulteriori progressi in questo campo.
Quasi tutti gli studi atmosferici condotti fino ad oggi sono stati fatti analizzando la classe dei Giovi Caldi. Questi pianeti, ruotando molto più vicino alla loro stella di quanto faccia Mercurio rispetto al Sole (a ≤0,05 AU), possono raggiungere temperature maggiori di 1.000K diventando così ideali per il rivelamento atmosferico. Studiando le proprietà fisico-chimiche delle atmosfere di questi oggetti possiamo capire come si sono formati e come sono migrati verso la loro stella (ad esempio la migrazione e la formazione planetaria sono legati al tasso Carbonio-Ossigeno). In particolare, tra tutti i giovi caldi, quelli transitanti sono stati per molto tempo i favoriti per studi di tipo atmosferico, però, dal momento che i pianeti vicino a noi tipicamente non transitano, nell’ultimo periodo si sono aperte le porte della caratterizzazione atmosferica anche ai pianeti non-transitanti.
All’interno di questa seconda tipologia rientra HD 102195b, l’oggetto di studio del mio seminario. Abbiamo studiato il lato diurno di questo gigante caldo utilizzando lo spettrografo GIANO montato al telescopio Nazionale Galileo, abbiamo poi sviluppato un algoritmo in grado di estrarre gli spettri stellari, a partire dalle immagini grezze, e di separare il segnale dell’atmosfera planetaria dalla contaminazione terrestre. Siamo così riusciti ad individuare tracce di acqua e di metano dell’atmosfera planetaria con una significatività complessiva di 5.3 \sigma. Abbiamo quindi ricavato il valore della semi-ampiezza della velocità radiale del pianeta kp 128 \pm 6 km/s, derivando così una prima stima della massa, M 0.46 \pm 0.03 Mj, e ponendo dei limiti all’inclinazione orbitale di 72.5°<i< 84.79°